Sul nuovo ministro l'incognita del Colle
ROMA - Le indiscrezioni vicino a Palazzo Grazioli danno ormai per scontata la nomina del vice Paolo Romani alla poltrona di ministro dello Sviluppo economico. Ma se avverrà oggi o nei prossimi giorni è difficile dirlo. Al momento, il clima politico dopo la bomba nucleare sganciata da Gianfranco Fini a Mirabello ha complicato notevolmente le cose e tutto è appeso alla cena-consiglio di guerra di Arcore tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi svoltasi ieri sera e alla colazione di lavoro che oggi il premier avrà in via del Plebiscito con lo stato maggiore del partito e alcuni ministri.
Con il Quirinale, infatti, ancora non è stato fatto alcun passo ufficiale. La procedura prevede che la nomina di un ministro venga varata dal presidente della Repubblica su proposta del premier. Dal Colle, tuttavia, a ieri sera non era ancora arrivata nessuna comunicazione, nemmeno informale. Oggi si terrà a Palazzo Chigi un Consiglio dei ministri ma non è corretto legare questa scadenza con la nomina di Romani. Si tratta di una riunione tecnica per esaminare un decreto legislativo relativo alle politiche europee in materia di giustizia. Il passo formale con il Quirinale può avvenire in qualsiasi momento e, a meno che la situazione politica non precipiti verso le elezioni, il Cavaliere ha ancora tempo per affrontare con il Colle la successione a Scajola, o meglio a se stesso visto che da quattro mesi è lo stesso premier che ha assunto ad interim la responsabilità del ministero.
Nei giorni scorsi, su ennesimo invito del presidente della Repubblica e sotto il pressing della comunità economica a partire dal sindacato e dalla Confindustria, Berlusconi aveva promesso di risolvere la questione entro questa settimana. Per rispettare questo impegno, quindi, il tempo non scade certo oggi. Se il premier dovesse davvero puntare su Romani, bisogna vedere come reagirà il Quirinale. Nei mesi passati la partita si giocò su due tappe. Prima Berlusconi cercò di convincere inutilmente il numero uno di Confindustria Emma Marcegaglia, poi propose in modo informale il nome di Romani. Il Colle, in via altrettanto informale, espresse le sue perplessità in quanto sul sito dello stesso Romani vi era indicata come professione quella di «editore televisivo». E siccome in ballo ci sono le assegnazioni delle frequenze digitali ecco scattare le preoccupazioni per un possibile conflitto di interessi.
Paolo Romani, successivamente, ha chiarito di non occuparsi più di televisioni da almeno 20 anni come del resto era chiaramente scritto nel sito. Bisogna vedere ora se le riserve quirinalizie sono superate o meno. Per domani, da rumor di Palazzo Chigi, potrebbe essere convocato un altro Consiglio dei ministri più operativo magari per affrontare la «lenzuolata» liberalizzatrice proposta dal sottosegretario al ministero dello Sviluppo Stefano Saglia o la nomina alla presidenza della Consob che vedrebbe salire alla guida dell'Authority sulla Borsa il viceministro all'Economia Giuseppe Vegas.
Tutto appare comunque molto fluido e non sono esclusi colpi a sorpresa. Prima dello strappo di Mirabello c'è stato il viceministro ai Trasporti, il leghista Roberto Castelli, che si è espresso persino a favore della nomina a ministro del finiano Mario Baldassari. Un gesto forse di distensione ex ante che oggi non avrebbe più senso. D'altra parte, se le tensioni politiche dentro la maggioranza non si risolvono facendo immaginare ineludibili le elezioni entro primavera prossima, nessun personaggio «di peso» accetterebbe di assumere un dicastero per pochi mesi. In questo caso, la massima carica al dicastero di Via Vittorio Veneto è destinata a rimanere vuota.