Un approccio particolare. Un modo di interpretare un ruolo a volte difficile, senz’altro complesso. Non chiuso dentro le quattro pareti del proprio ufficio, nella solitudine del potere che conferisce l’incarico; ma neanche integrato a una comunità alla quale è chiamato a erogare servizi efficienti. Il Console Generale di Caracas, Mauro Lorenzini, ha le idee chiare e riflettono l’immagine del funzionario serio ed efficiente, un’immagine che solo il tempo confermerà o negherà.
Console Generale di Caracas, Mauro Lorenzini – Il Console – spiega Lorenzini illustrando alla “Voce” quello che è il suo pensiero e quella che sarà la sua condotta durante lamissione venezuelana che ha appena iniziato – è un funzionario dello Stato inviato in un Paese per gestire un ufficio. Non deve integrarsi alla Comunità. Deve restarne distinto, ma ovviamente deve conoscerla, capirla. I doveri principali del Console sono la trasparenza e l’accessibilità. E il mio sarà un approccio assolutamente accessibile. Cosa vuol dire? Semplice, il mio lavoro sarà seguire la comunità, conoscerla, servirla. Il mio metodo sarà gestire il Consolato rendendomi accessibile. Io incontro tutti, parlo con tutti e mi impegno, nel limite delle mie possibilità, a risolvere, con gli strumenti che il Ministero e il Governo italiano pongono a mia disposizione, i problemi che mi vengono esposti. Sono il Console che parla con i connazionali che si recano in Consolato, che ascolta i loro problemi, che chiede quali servizi necessitano, che si preoccupa delle difficoltà che devono affrontare. Sono il Console che riceve nel suo ufficio qualsiasi rappresentante di organizzazioni e associazioni italiane in Venezuela. Il mio approccio, quindi, non sarà quello del funzionario che si chiude nel proprio ufficio; ma neanche quello di chisi integra alla comunità. Sarà, invece, quello del funzionario trasparente e accessibile che dialoga con i connazionali per capirne i problemi.
Speranza, fiducia, aspettativa. E’ sempre così quando si avvicendano funzionari. E’ la legge dell’alternabilità. E il nostro Consolato Generale di Caracas non fa eccezione. Lungo i suoi corridoi si respira aria di novità; c’è un clima di attesa ma anche di grande fiducia e ottimismo. Soprattutto, di curiosità nei confronti di una gestione che è ai suoi primi passi.
– Lei viene da esperienze diverse. E’ stato Console negli Stati Uniti, dove tutto funziona; e ha svolto incarichi di responsabilità in sedi importanti in Europa. In queste poche settimane in Venezuela si è potuto rendere conto del lavoro che lo attende. Il Paese sta vivendo una profonda crisi e la nostra Collettività, che ne soffre le conseguenze, è assai numerosa, articolata e complessa. Quali sono state le prime difficoltà incontrate?
– In realtà – ci precisa subito -, non le chiamerei difficoltà. Le prime cose che ho trovato da fare – indica -, riguardano l’organizzazione del lavoro. In questo concentrerò la prima parte della mia missione. Questo Consolato serve una circoscrizione molto amplia, vastissima; con una comunità assai numerosa. E lo fa con un personale limitato che, nel corso di quest’anno, sarà ulteriormente ridotto. Quindi – prosegue – il primo problema da affrontare è la riorganizzazione dei processi interni di elaborazione. Insomma, dei flussi in entrata e in uscita.
Spiega che, “come già fatto in tutti i maggiori consolati dell’America Latina”, anche in quello di “Caracas è stato istituito un sistema di prenotazioni online”.
Immediatamente tornano alla memoria ricordi che credevamo smarriti. E’ un salto al passato che evoca un’esperienza a dir poco disastrosa che invece di risolvere problemi, come era nelle speranze di tutti, contribuì ad aggravarli creando malessere e disagi nella nostra Collettività. Ma da allora sono trascorsi molti anni; ne è passata di acqua sotto iponti. Il Paese è cambiato profondamente; anche la nostra Collettività, le sue esigenze. E allora, nonostante la diffidenza che desta il ricordo di un passato non troppo felice, manteniamo la speranza di vedere risultati positivi da una gestione attenta e diversa che potrebbe tradursi in un salto di qualità dei servizi. Insomma, di un sistema che permetta di smaltire arretrati e offrire all’utenza quel servizio moderno, dinamico, efficienteche esige e merita. E poi, perché non dare un voto di fiducia?
– Il sistema degli appuntamenti – spiega il Console Lorenzini – ha due ragioni d’essere. La prima è ovviamente quella di regolare il flusso d’entrata. Se non si regola il flusso d’entrata degli atti da lavorare, si creano accumuli… arretrati… come effettivamente ve ne sono nel nostro Consolato. Il mio obiettivo – assicura – è portare questo consolato a non averne piùentro i primi mesi del prossimo anno. E così, di poter lavorare in presa diretta… nei termini stabiliti dalla legge.
Insiste nel sostenere che il sistema degli appuntamenti, nel migliorare la gestione del “flusso d’entrata” permetterà di “programmare il lavoro e, quindi, di smaltire l’esistenza di arretrati e di non produrne altri”.
– Il secondo motivo per cui ho deciso di seguire un meccanismo applicato già in altri Consolati dell’America Latina – prosegue – è quello della sicurezza del connazionale. Avere file di persone, di connazionali alla porta del Consolato talvolta in orari in cui è ancora notteci pone un problema di sicurezza. Le persone si espongono a situazioni di rischio e di pericolo.
E’ vero, ed è un argomento di molto peso. Tutti sappiamo quanto sia violenta la capitale. Sequestri, rapine e, purtroppo, omicidi sono il pane quotidiano. Sono tanti che ormai non fanno più notizia. Sostare di fronte al Consolato ancor prima che facciano capolino le prime luci dell’alba, rappresenta un rischio non indifferente in una metropoli in cui la vita hasempre meno valore.
– Istituire il sistema degli appuntamenti – precisa il Console Generale – vuol dire tutelare il connazionale, preoccuparsi del suo benessere e della sua sicurezza. Ora basterà arrivare una ventina di minuti prima dell’ora stabilita, con il foglio stampatoche indica l’appuntamento. In questo modo, si evitano le lunghe file, i disagi dell’attesa e il pericolo di furti e rapine.
– Il computer, le nuove tecnologie – facciamo notare – sono difficili da usare per chi ha un’età avanzata. E non tutti i connazionali hanno figli o parenti che li aiutano a navigare in internet, entrare nel sito del Consolato e seguire i passi necessari per chiedere un appuntamento. Avete pensato a questa fascia di utenza? Sono state studiate metodologie alternative?
– Si, è la prima cosa che abbiamo fatto: pensare ai nostri anziani – assicura -. Per questo, i servizi tradizionalmente richiesti da queste persone non hanno bisogno di appuntamenti. Ad esempio, pensioni, assistenza medica e sociale e così via di seguito. E’ un atto dovuto nei confronti del connazionale anziano che potrebbe anche ricorrere alla delega. Mi pare ci sia stata e ci sarà sempre un’attenzione particolare nei loro confronti.
– I risultati della nuova metodologia saranno analizzati periodicamente? Si troveranno alternative qualora, come accaduto in passato, dovessero cominciare ad allargarsi eccessivamente i termini degli appuntamenti? Come verranno trattate le pratiche urgenti?
Il Console Lorenzini assicura che “il sistema prenotazioni è dinamico: necessita di un monitoraggio continuo”.
– Funziona autonomamente – ci dice -. E lo fa sulla base di 2 mesi alla volta. Cioè, si proiettano due mesi su due. Il procedimento dovrà naturalmente essere seguito da noi. Si farà ogni 15 giorni. Cosa vuol dire? Un impiegato del Consolato è stato da me incaricato al fine di gestire questo tipo di coordinamento. Non ci sono quote rigide ma dinamiche nel numero degli appuntamenti. E’ un lavoro strettamente legato allo smaltimento degli arretrati. Il Consolato, da oggi in avanti, ha la capacità di programmare il proprio lavoro e anche lo smaltimento degli arretrati che, mi auguro, possa avvenire entro l’anno.
Innovazione, trasformazione, cambiamento. Comunque, una svolta. Ma come è stata assimilata la novità dal personale? Lo chiediamo al Console Lorenzini che afferma:
– Posso dire, con soddisfazione, che è stata accolta positivamente. Si tratta di una rivoluzione molto profonda nel metodo di lavoro; un modo molto diverso da quello precedente. In questa riorganizzazione ho cercato di coinvolgere, riuscendoci, tutti i funzionari. Questo processo è stato deciso con gli impiegati che hanno partecipato attivamente. Com’è risaputo, c’è stata anche una riduzione numerica del personale che lavora in questo Consolato…
– Si, è vero. Si tratta di una riduzione temporale o permanente? Dopo i licenziamenti vi saranno nuove assunzioni?
Scuote negativamente il capo e asserisce:
– Temo di no… Purtroppo non si tratta di qualcosadi temporale. Come sicuramente saprà, la legge proibisce la terziarizzazionedel lavoro. In questo Consolato, prima del mio arrivo, questa prestazione di lavoro non era su base temporale ma continuata. In altre parole, le persone lavoravano in conformità a contratti formalmente temporanei che poi, nella sostanza, si trasformavano in continuati. Quindi la riduzione di personale, per il consolato, sarà strutturale. Si tratta di una ristrutturazione profonda.
Sottolinea che in questo modo “si torna a responsabilizzare in maniera primaria gli impiegati di ruolo che sono la colonna portante del Consolato”.
– Mi sento di dire – afferma convinto – che questa riorganizzazione avrà sicuramente effetti positivi sia sui processi di lavoro, sia sull’accoglienza dei connazionali. Sarà un rapporto basato sulla professionalità, gestito con efficienza e serietà. Sarà scevro di rapporti di amicizia e canali preferenziali.
Riduzione di personale drammatico, quindi, tanto più se si pensa che nel corso dell’anno andranno via sei funzionari di ruolo o perché trasferiti ad altre sedi o perché hanno raggiunto i limiti d’età.
– Il personale in avvicendamentoper varie ragioni è composto da sei unità – precisa il Console per concludere -. Verranno sostituiti da quattro impiegati, alcuni di ruolo ed altri no.
“L’avvio del Comites in un ambiente di fattiva collaborazione”
Di più, sicuramente ci si attendeva di più. Ma quei 6mila 400 voti, su un universo di ben oltre 87mila connazionali, forse non devono sorprendere più di tanto. Sono in parte il risultato di una gestione del Comites di Caracas, quella appena conclusa, incapace di coinvolgere la Collettività e di una campagna elettorale che non ha saputo destare entusiasmo e che alcuni candidati, oggi Consiglieri grazie ad una manciata di voti, hanno affidato quasi esclusivamente ai social network, sperando forse nel miracolo delle nuove tecnologie. E’ evidente che questo Comites parte azzoppato. Come abbiamo già scritto, i voti, una quantità irrisoria per non dire ridicola, non li legittimano come rappresentanti della Collettività. Al contrario, gettano molte ombre che solo i Consiglieri, con il loro impegno, potranno dissipare.Concluso il processo elettorale e stabiliti i risultati, mentre ogni lista partecipante fa le proprie riflessioni e unapropriaonesta autocritica – o almeno così si spera -, il Console Generale di Caracas, Mauro Lorenzini, traccia il suo bilancio.
– Credo – ci dice – sia stato positivo. Mi è sembrato che l’avvio del Comites di Caracas sia avvenuto in un’atmosfera di fattiva collaborazione fra tutti i Consiglieri. C’è statol’ingresso di giovani. E credo, l’ho detto nella prima riunione, sia importante coinvolgerli quanto più possibile.
Per quel che riguarda, invece, il processo elettorale in sé, i risultati sono lì, alla vista di tutti.
Il nostro Console ci dice che non può che rilevare quanto accaduto.
– E’ chiaro – sottolinea -, la opzione del voto ha contribuito a ridurre il numero dei votanti.
Sostiene, quindi, che “si possono fare alcune considerazioni sul voto per corrispondenza”.
– In Venezuela – spiega -, le poste pubbliche non funzionano. Per questo, ci siamo dovuti affidare al‘courier’ privato che, comunque, non ha svolto al meglio il suo lavoro. Non ci ha dato il servizio al quale aspiravamo. Per le prossime consultazioni si dovrà fare una riflessione sul metodo da impiegare. Detto questo, mi pare che il processo si sia svolto in maniera regolare.
– Lei ha avuto modo di gestire anche un processo elettorale negli Stati Uniti.Due esperienze diverse. Quali ritiene che siano le maggiori differenze rilevate?
– I problemi sono assai diversi – ci spiega -. Le difficoltà in Venezuela sono dettate dal Paese e dalla sua grandezza. La maggiorecomplicazione è raggiungere i connazionali che vivono in aree molto lontane. Ciò è all’origine degli inconvenienti nella consegna e restituzione delle buste.
Ci dice che una compagnia come Domesa ha riconsegnato molte buste ammettendo che in certe aree o quartieri non riusciva ad arrivare.
– Negli Stati Uniti – aggiunge – questo problema non si pone. Le poste pubbliche funzionano. Io direi che qui bisogna trovare un mezzo affidabile di consegna.
– Denunce di irregolarità?
– Denunce formali non ve ne sono state – assicura –. Ho comunque cercato di assicurare la mia presenza durante tutta la durata dello scrutinio, per rendermi conto di eventuali anomalie. Ripeto, denunce formali non ve ne sono state e lì dove sono stati sollevati dubbi e perplessità ho cercato di assicurare trasparenza. Il mio compito è stato quello di dare un quadro completo e trasparente della situazione. Certamente, non posso escludere che ci siano stati degli episodi nel resto del Paese. Ma non ho elementi per affermarlo.
– Nel caso ve ne fossero stati, lei ritiene che si tratterebbero sempredi episodi isolati…
– Assolutamente – poi con cautela ma anche con estrema onestà afferma:
– Non ho elementi per affermarlo. Certo, può essere accaduto. Succede in molti Paesi, ma non posso dire che sia stato il caso del Venezuela. Io garantisco sul processo gestito direttamente dal Consolato. E penso che si sia visto anche attraverso una mia presenza permanente. Ritengo che tutto si sia svolto in maniera molto regolare.