La ripresa economica di Eurolandia si sta rafforzando. Ma il potenziale di crescita, stimato nell’1%, è troppo basso per far scendere l’elevato tasso di disoccupazione: “senza un’accelerazione significativa della crescita ci vorranno quasi 10 anni in Spagna e quasi 20 anni in Portogallo e Italia per ridurre il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi”.
E’ quanto scrive il Fondo monetario internazionale che fa il check up dello stato di salute dell’area euro e dell’Italia (Fmi), nello stesso giorno in cui il Ministero del Lavoro diffonde i dati di metà anno relativi alle attivazioni e cessazioni di contratti di lavoro. Il ministero dell’Economia ci tiene però a precisare: “la stima del FMI è basata su una metodologia che non tiene conto delle riforme strutturali che già sono state introdotte” e di quelle che il governo sta implementando e “i dati sull’andamento del mercato del lavoro degli ultimi mesi sembrano confermare l’impatto dell’azione congiunta delle riforme e della leva fiscale, con risultati migliori del aspettative”.
A giugno il saldo fra attivazioni e cessazioni è negativo per 9.768 unità contro un saldo negativo per oltre 32.000 contratti a giugno 2014; sempre a giugno sono presenti 24.883 contratti a tempo indeterminato in più grazie a 145.620 attivazioni di contratti stabili e 34.651 trasformazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato. In attivo nei primi sei mesi la differenza fra attivazioni e cessazioni: +282.000 contratti (+62.912 nel primo semestre 2014).
L’Fmi insiste comunque sulla necessità del Belpaese di migliorare la flessibilità del mercato del lavoro, oltre che continuare a spingere sulle riforme, soprattutto per migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione e quella della giustizia civile. Il Fondo loda nuovamente la Bce e la sua azione, constatando la possibilità che l’Eurotower estenda al di la’ del settembre 2016 gli acquisti di asset. La politica monetaria di Francoforte sta aiutando l’economia di Eurolandia e ha evitato il rischio di deflazione.
Ma nonostante i progressi nell’area euro restano “vulnerabilità”: è necessario – afferma il Fmi nell’Article IV – andare avanti con le riforme strutturali, pulire i bilanci delle banche per rilanciare il credito a sostegno della crescita e avviarsi verso un’unione bancaria con una governance economica più semplice. Una crescita più forte è – secondo il Fmi – la ricetta per far calare il tasso di disoccupazione nell’area euro. Il potenziale di crescita però è basso ed espone Eurolandia a rischi di shock negativi, inclusa la stagnazione.
“Senza una più determinata azione collettiva, l’area euro è vulnerabile a shock” e vede aumentare il divario con gli Stati Uniti, afferma il Fondo, sottolineando che gli elevati crediti deteriorati che pesano su alcune banche ne stanno erodendo la redditività e scoraggiando nuovi finanziamenti. “Data la debolezze dell’outlook di medio termine, serve una più forte azione collettiva per consolidare la ripresa, aumenterà il potenziale di crescita e rafforzare la resistenza dell’unione” mette in evidenza il Fmi, prevedendo un Pil in crescita dell’1,5% quest’anno e dell’1,7% nel 2016.