Borgo | Una lapide romana, trovata nel XVIII sec. e dedicata a Minerva, reca l’iscrizione del devoto, che sarebbe figlio di un Luarensis. Il nome dialettale del paese (Lòer) si potrebbe far derivare dal Luar dell’epigrafe.
La Storia
Testimonianza dell’antichità dell’insediamento sono i ruderi di un castelliere d’epoca celtica posto in posizione dominante sulla collina alle spalle dell’abitato. Notevole il muraglione megalitico a difesa dell’abitato e la cella ipogea con volta in pietre aggettanti.
Negli anni immediatamente antecedenti la nascita di Cristo l’alto sebino fu conquistato dai Romani, che si insediarono nell’area di Lovere.
Tracce notevoli di questo insediamento sono testimoniate soprattutto dalla necropoli venuta alla luce nel secolo scorso in via Gobetti che ha celato decine di tombe contenenti i resti di esponenti dei diversi ceti sociali, oltre a gioielli, attrezzi di vita quotidiana e indumenti. I reperti, definiti il “tesoretto di Lovere”, sono ora custoditi a Milano.
Nel medioevo, il borgo dominato dal castello della famiglia feudale dei Celeri, si sviluppò intorno alla rupe sovrastante il lago, con il centro nell’attuale piazza Vittorio Emanuele II.
A caratterizzarne ulteriormente l’aspetto fortificato la costruzione di numerose torri tra cui, ancora ben conservate, la Torre Söca (sec. XIII-XIV), la Torre degli Alghisi (sec. XII-XIII) e la Torricella dell’antica cinta muraria.Dopo le lotte tra le fazioni comunali, per un breve periodo Lovere fu dominata dai Visconti di Milano.
Nel periodo compreso fra il 1442 e il 1797 la cittadina passò sotto il controllo della Repubblica di Venezia, di cui rimase fedele suddita sino all’arrivo delle truppe napoleoniche e la fine della Serenissima. Sotto il dominio veneto Lovere divenne sede di Podestaria con giurisdizione civile e penale, testimoniata anche dalla presenza di locali adibiti a carcere.
Dal punto di vista economico Lovere visse un periodo di floridezza legato alla produzione e al commercio del panno di lana.
L’abitato si ampliò verso nord-est con la costruzione, fuori delle vecchie mura medievali, di un nuovo borgo rinascimentale in cui nel 1473 iniziò la costruzione di quello che oggi è il più rilevante monumento cittadino: la Basilica di Santa Maria in Valvendra, maestoso capolavoro in stile romanico.
Nello stesso tempo proseguì in Lovere l’antica attività di lavorazione del ferro con la presenza di fucine legate alla produzione di attrezzi agricoli e, nel ’600, di una fonderia per cannoni.
Tra XVIII e XIX secolo il piacevole borgo fu particolarmente apprezzato per la villeggiatura estiva anche per la presenza di numerosi alberghi e la vicinanza alle terme di Boario e di Trescore: approdarono così a Lovere esponenti dell’aristocrazia nazionale e internazionale quali Lady Montague Wortley e il Conte Luigi Tadini.
Nel primo decennio dell’800 l’attività siderurgica cominciò a trasformarsi in senso industriale, fino ad avere il massimo sviluppo occupazionale negli anni dell’ultimo dopoguerra con la confluenza della siderurgia locale nelle grandi strutture a partecipazione statale. Oggi l’industria siderurgica loverese, del tutto privatizzata, è leader mondiale nella produzione di materiale ferroviario per l’alta velocità e grandi pezzi speciali fucinati.
In questi ultimi anni Lovere, facendo leva sulla sua invidiabile posizione e le bellezze paesaggistiche, storiche, artistiche e culturali, sul nuovo porto turistico nonché sulle strutture sportive e ricettive del territorio, ha dato un nuovo, grande impulso all’industria del turismo.
Dopo una curva, il lago
Dopo aver viaggiato tra i monti e le valli bergamasche e bresciane si arriva, improvvisamente dopo una curva, a Lovere. Il tessuto urbano si è sviluppato in funzione del suo territorio, stretto tra lago e montagna, e si presenta come un grande anfiteatro.
Splendidi palazzi costruiti con buon gusto e perfetto senso architettonico, fanno da secoli degna cornice e splendida corona alla piazza del porto, una delle più belle dei laghi Lombardi.Dalla piazza, attraversando il rione delle “beccarie”, si sale per il centro storico e si arriva in piazza Vittorio Emanuele II, dove l’orologio della vecchia torre civica scandisce il passare del tempo. In questa piazza, racchiusa tutt’intorno da splendidi edifici, confluiscono tutte le vie piccole e strette del borgo medievale. Si sale ancora e si arriva alla chiesa di S. Giorgio. Eretta alla fine del XIV sec. sulle strutture della medievale torre Söca, fu ampliata e modificata nel tempo, fino al XIX sec. Contiene una grandiosa tela posta sulla controfacciata raffigurante “Mosè che fa scaturire l’acqua dalla rupe” del pittore fiammingo Jean de Herdt (1657); la pala dell’altare sinistro dipinta da Gian Paolo Cavagna (1556-1627) con l’“Ultima cena”, e la pala dell’altare maggiore del bresciano Antonio Gandino (1565-1630). All’altare della madonna addolorata il 21 novembre del 1932 le due future Sante di lovere presero i voti.
Sul lungolago fa bella mostra di sé il palazzo che ospita la Galleria dell’Accademia di belle arti Tadini. Il palazzo fu costruito in gradevoli forme neoclassiche tra il 1821 e il 1826 per ospitare nelle sale affrescate le ricche collezioni d’arte del conte Luigi Tadini, che aprì al pubblico il suo museo – tra i più antichi della Lombardia – nel 1828, oggi ospita le raccolte in 33 sale. Significativo è il gruppo di opere di Antonio Canova (1757 – 1822): il raro bozzetto il terracotta della Religione e la Stele Tadini (collocata nella cappella gentilizia) tra le ultime e più belle opere del grande scultore, che sembra tradurre nel marmo quella ‘corrispondenza d’amorosi sensi” che Ugo Foscolo legava ai sepolcri. Tra i dipinti si evidenziano le opere di Jacopo Bellini (una meravigliosa Madonna con Bambino), del veronese Francesco Benaglio, di Paris Bordon, di Palma il Giovane. Le epoche successive sono documentate dai dipinti di Giacomo Ceruti detto “il Pitocchetto”, fra’ Galgario, Giandomenico Tiepolo, Francesco Hayez, Cesare Tallone e G. Oprandi.
La Galleria inoltre ospita una ricca collezione di porcellane, tra cui importanti pezzi delle manifatture di Sèvres, Meissen, Hochst, Capodimonte.Negli ultimi anni è stata aggiunta una sezione di arte moderna contemporanea.
L’Accademia di Belle Arti istituita dal conte comprende anche le scuole di musica e di disegno, ancor oggi attive e frequentate.Proseguendo per il lungolago - dominato dalle belle facciate di numerose ville e palazzi (tra cui il cinquecentesco palazzo Marinoni e villa Milesi con il suo parco) - appena passata la piazza si risale e ci si trova di fronte all’imponente basilica di S. Maria in Valvendra, edificata dal 1473 e consacrata nel 1520, in un periodo di particolare floridezza economica per Lovere. La Basilica dà a sua volta il nome al borgo rinascimentale di Santa Maria, una silenziosa strada fiancheggiata da case del Quattrocento e Cinquecento che conduce al borgo medievale.
La Basilica presenta forme classicheggianti rinascimentali di gusto lombardo, con influenze veneziane. L’interno è a tre navate, suddivise da dodici colonne, con cappelle sul lato sinistro. L’opera di maggior pregio è costituita dalle grandi ante dell’organo, collocate originariamente nel Duomo Vecchio di Brescia, dipinte, all’esterno, da Floriano Ferramola con l’Annunciazione e, all’interno, da Alessandro Bonvicino detto “il Moretto”, con i Santi Faustino e Giovita a cavallo. L’abside e il presbiterio sono affrescati in trompe-l’oeil da Ottaviano Viviani. Il solenne coro ligneo è cinquecentesco; l’altare maggiore ricco di sculture e marmi policromi è opera della bottega dei Fantoni di Rovetta; la tribuna centrale di Andrea Fantoni è del 1712. La pala dell’Assunta, ispirata a motivi del Moretto e di Tiziano, è attribuita al bresciano Tommaso Bona.
Il prodotto del borgo
Dalla Val Camonica e dalla Val Seriana, ma anche dalla pianura bresciana, arrivano molte varietà di formaggio e la farina di granturco macinata a pietra. Specialità della zona sono i salumi, tra cui la salciccia di castrato, la soppressa e il “musetto”.
Il piatto del borgo
Regina, è naturalmente la polenta, che accompagna il pesce di lago o la carne. è servita calda o alla griglia, ma sempre rigorosamente gialla.
Oltre ai salumi e ai formaggi, immancabili sono i ravioli bergamaschi chiamati casunsei, conditi con burro fuso e salvia. Il dolce tipico in pan di spagna vuole rappresentare il piatto tipico della cucina bergamasca “polenta e osei”
Fonte: Club I borghi più belli d'Italia, 12 luglio 2010