Borgo | Il toponimo dovrebbe derivare dal celtico bar che designa una rocca, un luogo fortificato, e non dal vocabolo francese bar indicante il barbo, pesce d’acqua dolce che si ritrova sullo stemma dei signori del luogo e che per questo motivo ha tratto in inganno gli studiosi.
La Storia
31-25 a.C., lungo il sentiero lastricato che conduce da Bard a Donnas si notano ancora le rocce levigate e i muri di sostegno dell’antica via delle Gallie. XI sec., Ottone di Bard costruisce un castello sul promontorio sfruttandone l’ottima posizione per imporre un pedaggio ai viandanti e alle merci. Il primo documento che rivela la presenza di un castello sullo sperone roccioso di appartenenza dei signori di Bard è del 1034.
1150 ca., lungo la strada di collegamento tra Bard e Donnas viene fondato l’Ospizio Saint Jean de la Pierre dai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, che per statuto avevano l’obbligo di fornire assistenza ai pellegrini e ai mercanti che percorrevano la via consolare.
1242, la rocca è espugnata da Amedeo IV di Savoia che trasforma l’originario castello
in fortezza.1661, il duca Carlo Emanuele II fa smantellare le piazzeforti di Verrès e Montjovet e trasferire tutta l’artiglieria a Bard, che da questo momento diventa il presidio dei Savoia in Valle d’Aosta.
1800, all’alba del 14 maggio, 40 mila uomini dell’Armée de réserve di Napoleone varcano le Alpi attraverso il Gran San Bernardo per sorprendere l’esercito austro-piemontese che occupa la pianura padana. Le truppe napoleoniche arrivano speditamente sino a Bard, dove sono bloccate dalla guarnigione austriaca a presidio della fortezza. Il borgo cade nelle mani dei francesi il 21 maggio, sorpreso da un attacco notturno.
Ma il comandante del forte, il capitano von Bernkopf, non si dà per vinto, finché, dopo un’intera giornata di bombardamenti, è costretto alla resa. Irritato dall’inattesa resistenza, Napoleone fa radere al suolo la fortezza.
1830-38, Carlo felice fa ricostruire il forte, sempre in funzione anti-francese. Il progetto, dell’ingegnere militare Francesco Antonio Olivero, prevede che possa resistere anche a tre mesi d’assedio, con magazzini adatti a contenere le provviste, 50 bocche di fuoco e una guarnigione di 416 uomini (il doppio con sistemazione paglia a terra).1975, il Forte non è più di alcuna utilità per il demanio militare, che lo cede alla Regione Valle d’Aosta.
Il “vilain castel de Bard”che indispettì Napoleone
Fa impressione vedere in una stampa del 1829 la rocca di Bard nuda, dopo la distruzione della fortezza ad opera di Napoleone. Perché questo luogo - per la sua posizione strategica in cima a uno sperone roccioso che domina una gola attraversata da un fiume e da un'unica via transitabile - esiste per essere fortificato. E fu così che una trentina d’anni dopo il passaggio del Bonaparte, Carlo Felice di Savoia, timoroso di una nuova aggressione francese, ne promosse la ricostruzione.
L’imponente Forte che domina la valle fu terminato nel 1838, dopo otto anni di lavori, e si presenta a noi con i suoi tre corpi di fabbrica disposti su diversi livelli: l’Opera Ferdinando in basso, l’Opera Vittorio nella zona mediana e l’Opera Carlo Alberto in alto.
La nuova piazzaforte è considerata un capolavoro dell’architettura militare. Compatta e massiccia, composta da caserme, camminamenti coperti, imponenti mura e feritoie che occupano interamente i fianchi dello sperone roccioso, era dotata di 283 locali ed è arrivata ad ospitare fino a mille persone. Alla fine dell’800 la fortezza si avviò al declino, utilizzata prima come bagno penale e poi come deposito di munizioni. Il suggestivo borgo medievale, con i suoi tetti coperti di “lose”, le lastre d’ardesia locale, si snoda ai piedi del forte lungo l’antica via consolare romana, di cui restano diverse tracce: un tratto di strada, archi, muri, il ponte sul torrente. Nel borgo sono conservate 25 case dichiarate monumenti storici, fra le quali la Casa Nicole (n° civico 41-45) risalente al XV secolo. L’edificio, costruito in parte su una delle porte d’ingresso al borgo, appartenne ai nobili De Jordanis e nel 1744 divenne la residenza dei nobili Nicole, ultimi conti di Bard. Sull’intonaco esterno sono ancora visibili i segni dei proiettili sparati, nel maggio 1800, dai difensori del Forte contro l’esercito napoleonico.
Casa Challant (n° civico 46), costruita nel XV secolo e residenza del conte Filiberto di Challant, si trova vicino a una caratteristica arcata ed esibisce sulla facciata belle finestre in pietra lavorata e resti di antichi affreschi. Interessante è anche Casa Valperga (n° civico 22) riconoscibile dalla bifora al centro della facciata e dalle due finestre a crociera. All’interno di molte abitazioni si vedono ancora scale in pietra, torchi, architravi, porte foggiate secondo i modelli medievali.
L’esterno della chiesa parrocchiale non è di grande interesse, a differenza del campanile che risale al XIV secolo ed ha forma di torre quadrata con tre ordini
di finestre. L’antica fontana al centro del borgo, realizzata nel 1598, è affiancata da una colonna in pietra alta 170 cm sormontata da una testa umana, di cui sfuggono le origini e il significato. Arricchiscono questo piccolo comune, che si estende su una superficie di soli tre km quadrati, due particolarità naturali come
le marmitte dei giganti (cavità circolari incise nella roccia del letto fluviale) e i massi erratici (dovuti al movimento dei ghiacciai quaternari), entrambe visibili presso l’attuale cimitero.
Altre testimonianze dell’azione dell’uomo nel corso dei secoli sono le incisioni rupestri dell’età neolitica sulle rocce levigate ai piedi del Forte e i ruderi dell’Ospizio di Saint Jean de la Pierre (XII-XIII sec.) lungo la strada per Donnas.
Il prodotto del borgo
è difficile crederci, ma basta una stretta lingua di terreno semipianeggiante lungo la Dora e alcuni terrazzamenti sul ciglio della strada romana per dar vita, grazie alla tenacia di pochi coltivatori, a un prelibato cru dal nome suggestivo: il vino dei rocchi di Bard. è un rosso dal colore brillante tendente al granata, dal profumo mandorlato, di vitigno Nebbiolo che può raggiungere i 12 gradi, giustamente famoso già nell’antichità.
Il piatto del borgo
Le ricette tradizionali che costituiscono il piatto tipico di feste e ricorrenze sono due: le fiuor di cousse, ossia i fiori di zucca ripieni e cotti al forno, e le paste ad melia, le paste di meliga, fatte con la farina di mais, la cui coltura nella valle fu introdotta, secondo
la tradizione, dal conte Nicole intorno alla metà del XVIII secolo. A Natale, dopo la messa di mezzanotte, ci si rifocilla con una tazza di brodo bollente, le bœuf de Noël.
Fonte: Club I borghi più belli d'Italia, 22 luglio 2010