Borgo | Il nome Petra Cumerii e Pietra Cameria sono stati i primi nomi del paese. La prima parte del nome deriva da Preta, che in paleo-italico indica il masso (roccia, pietra) sul quale è costruito il borgo. Misteriosa la seconda parte, che può riferirsi alla roccia a forma di gobba di cammello che si scorge dal paese, come all’invasione dei Cimerii provenienti da Oriente (Petra Cimmeria) o a Petra Cacumeria , vale a dire “pietra “in cacumine”, “pietra in sommità”.
La Storia
• XII sec., il villaggio nasce in seguito alle invasioni che costringono le popolazioni d’Abruzzo a rifugiarsi sui monti inaccessibili. Sotto il Regno di Napoli, il territorio è parte del feudo della Valle Siciliana di proprietà dei conti di Pagliara (il nome deriva dai primi abitanti provenienti dalla Sicilia in tempi remoti, oppure dalla Via Caecilia che congiungeva Roma con l’Adriatico).
• XIII sec., una pergamena riporta la nomina di un parroco di S. Leuty de Petra; a San Leucio è dedicata una chiesa nel borgo.
• 1432, la data più antica che si legge in paese è incisa su una lapide che sovrasta il portale della vecchia parrocchiale di San Giovanni.
• 1526, l’imperatore Carlo V concede al marchese Ferdinando De Alarçon Mendoza l’investitura del feudo della Valle Siciliana, tra i cui paesi c’è Petra Cumerii, che sotto gli Angioini e gli Aragonesi era appartenuto ai conti Orsini.
• 1590, il borgo viene fortificato dal governatore Marcello Carlonus per difenderlo dai briganti e resta ai De Alarçon Mendoza fino all’abolizione della feudalità.
• 1860-65, si intensifica nei primi anni dell’unità d’Italia il brigantaggio, piaga presente in Abruzzo come in gran parte del meridione sin dal XVI sec. A Pietracamela, come in tutta la provincia di Teramo, operavano dei “capi massa” che, alla guida di contadini miserabili, soldati disertori, ladri comuni ed evasi, sostenuti dai Borboni e dal clero, saccheggiavano e razziavano in opposizione prima all’occupazione repubblicana francese (1799, 1806-15) e poi al governo italiano.
Un pugno di case aggrappato alla montagna
Non ci si aspetti di trovare grandi monumenti, in questo piccolo borgo abbarbicato alla montagna. E’ un pugno di case, un nido d’aquila, isolato, temerario, posto su un roccione a contrafforte del Gran Sasso. E’ stato duro vivere qui, e sicuramente lo è ancora. Molti se ne sono andati, e alcuni ritornano ristrutturando le vecchie case, di cui conservano caratteristiche e materiali di costruzione, perché hanno compreso che la memoria esige un risarcimento. “Era un paese povero e bellissimo” – ricorda il frate paolino che arrivò quassù negli anni Sessanta e fece costruire la casa della Congregazione. Un paese povero e bellissimo, Pietracamela lo è ancora. Le sue ricchezze sono l’aria pura, la vista meravigliosa del Gran Sasso, la semplicità di vita, e il vecchio, caro borgo di pietra, con gli edifici dei secoli XV e XVI, i saliscendi angusti sormontati da archetti, i balconi-fienili, i vicoli lastricati, i fondaci ricavati nella roccia, le vecchie fontane.L’ombra fievole sui muri ci segue tra le case screpolate, un cucciolo si appisola nell’orto, il filo sottile dei monti sembra sollevarsi all’altezza della nostra felicità, tra questi panorami che regalano visioni, pensieri, desideri. Così, appare bello anche il poco che la cronica povertà delle montagne ci ha lasciato: le antiche chiese - quella di San Giovanni, del 1432, e quella di San Rocco, del 1530, con le date scritte sulle architravi dei portali -, gli altari lignei e l’acquasantiera cinquecentesca della parrocchiale di San Leucio, una casa torre, i resti del vecchio mulino, i portali delle abitazioni intorno alla chiesa di San Giovanni, che recano date comprese tra il 1471 e il 1616. La facciata di una casa in via Vittorio Veneto è ornata di due eleganti finestre bifore in pietra: sull’architrave, una presenta una testa e una forbice aperta, forse l’insegna dei cardatori di lana; l’altra, un cavaliere che suona la tromba, una faccia di fronte e una di profilo. Sono simboli di presenze sparite, della vita che si è ritirata da queste pietre, degli anni passati a cuore duro, senza un conforto tra questi monti. Ma la speranza è che l’entusiasmo degli escursionisti, degli scalatori, dei visitatori che sempre più numerosi giungono a Pietracamela, riporti il borgo alla sua giusta collocazione: un angolo di quiete di fronte al Gran Sasso, da dove gli abitanti non debbano più scappare.
Il prodotto del borgo
Lo spopolamento ha causato l’abbandono delle attività artigianali, un tempo legate alla pastorizia e alla tessitura dei “carfagni” di lana, destinati a proteggere dalle intemperie. Oggi i negozi offrono salumi, formaggi, funghi, biscotti.
Il piatto del borgo
I ravioli di Pietracamela sono forse il piatto più originale. Nei ristoranti del territorio si gustano tutte le altre specialità, quali i timballi, l’agnello alla brace, lo spezzatino di capra, lo squisito cacio marcetto e vari altri formaggi di pecora, i sorcetti (sorta di maccheroncini conditi con formaggio pecorino), le “scripelle ‘mbusse”.
Fonte: Club I borghi più belli d'Italia, 03 Agosto 2010