Borgo | Di etimo incerto, Nusco è stata probabilmente un fortilizio. È da escludersi un legame con la mitica città di Nomistron avanzata dal grecista Rocci.
La Storia
• VII-VIII sec., sorge in questo periodo il castrum di Nusco, in posizione strategica per il controllo dei valichi appenninici nelle vallate dei fiumi Ofanto e Calore.
• 1093, nel primo documento storico che la riguarda, il testamento di Amato, Nusco compare con il titolo di civitas e come sede del vescovo e del vice-comite. Al vescovo Amato si deve lo sviluppo civile e religioso del luogo: concentrò gradualmente intorno al castello, dentro le mura, gli abitanti degli sparsi casali ed eresse la prima chiesa.
• 1122, la città offre riparo a Guglielmo, ultimo duca di Puglia
• 1254, si rifugia nel castello Manfredi, futuro re di Sicilia, durante la sua guerra di conquista del regno di Napoli.
• 1688-1732: diversi terremoti devastano l'Irpinia (ultimo quello del 1980): Nusco non è risparmiata, e per questo motivo il Settecento caratterizza la maggior parte delle costruzioni religiose e civili.
• 1799, il castello è saccheggiato e dato alle fiamme dai sanfedisti del cardinale Ruffo. Fino all'estinzione dei diritti feudali nel 1806, Nusco, a partire dal XII secolo, è stata feudo di alcune delle più illustri famiglie del Regno di Napoli: i De Tivilla, i De Medania, i D'Aquino, i Gianvilla (che concessero alla comunità gli statuti municipali), e infine gli Imperiale.
Un esemplare recupero conservativo per cancellare il cattivo gusto.
La montagna scende in contrafforti e declivi su Nusco, adagiata a 914 m. sullo spartiacque appenninico delle valli dell'Ofanto e del Calore, nel cuore dell'Irpinia e nell'antico ricordo del lupo (hirpus, nel linguaggio dei Sanniti). Terra di radicate tradizioni e memorie, Nusco è compatta e discreta nella sua architettura, silenziosa e dinamica nel pulsare quotidiano.
Raccolta nel suo bugno, ha come ape regina il campanile: titanico, regale, alto 33 m. come gli anni di Cristo, incarnazione della cristianità che qui è identità, legame di sangue con Amato, il santo patrono (e primo vescovo di Nusco) cui è dedicata la maestosa Cattedrale.
Del nucleo originario (XI secolo) restano tracce nella cripta romanica, che sotto le sue volte a crociera custodisce le ossa di Amato. L'interno si presenta a tre navate con cappelle laterali ed è databile XIII-XVI sec. Pregevoli risultano il presbiterio e il coro, sopraelevati, alcuni affreschi settecenteschi nella volta del coro, il pulpito ligneo del Seicento, il tesoro di Amato. Gli affreschi recentemente scoperti nella cripta raffigurano la Natività e risalgono al 1500 circa. Coperte da smalto grigio sono tornate alla luce anche le decorazioni barocche della cattedra del vescovo e della balaustra del coro. I grossi massi di pietra dell'imponente facciata, con la torre dell'orologio e il campanile, esigono che la Cattedrale sia ammirata da diverse angolazioni, non potendo essere compresa in un unico sguardo.
Alla piazza della Cattedrale, che ospita anche il Seminario vescovile edificato nel 1760, si accede con un percorso che parte dall'antica Porta Superiore, sormontata dai pochi ruderi del castello longobardo, e si snoda attraverso tre vie (tutte confluenti nella piazza) che costituiscono il tracciato dell'abitato medievale: via Landone, via Scarpitti, via Trinità.
Passeggiando nel centro storico, è facile imbattersi in portali in pietra, stemmi nobiliari, balconi in ferro battuto, edicole votive, logge, androni con cisterne, archi, volte, piazzette, gradinate e vicoli acciottolati. Si tratta di un assetto architettonico che, nella sua semplicità come nei suoi momenti di enfasi, sembra vigilare affinché la memoria storica non si consumi del tutto in queste contrade.
A ricordare gli antichi fasti sono i palazzi nobiliari delle famiglie Ebreo, De Paulis, Meluziis, Del Giudice, Natale, Sagliocca, Saponara, Del Sordo, alcuni con cappelle private. Non meno numerosi sono gli edifici religiosi, tra i quali occorre ricordare almeno la chiesa della SS. Trinità, con i suoi affreschi di epoca medievale, e la chiesa di S. Giuseppe, dalla bella facciata tardo barocca.
Superbo il panorama che si apre dal belvedere di Porta Molino e da via Coste. Lo sguardo spazia dal Varco di Acerno e i monti vicini fino al Vulture, l'Appennino lucano settentrionale e la Maiella.
Fuori del centro storico, sono da vedere l'abbazia di Fontigliano (sec. XII, ma rifatta nel 1950), con l'annesso Antiquarium dove sono conservate alcune epigrafi di età augustea apprezzate da Theodor Mommsen.
Il prodotto del borgo
Eccellente è la produzione di salumi e insaccati ottenuti da carne suina.
Anche la produzione di soppressata e salsicce si basa su tradizionali lavorazioni artigiane.
Presso gli agricoltori del luogo è possibile reperire prelibati legumi (fave, ceci, fagioli) utilizzati in cucina sia come piatto unico sia come accompagnamento a piatti di pasta fatta a mano.
Il piatto del borgo
I primi piatti sono a base di pasta fatta in casa, condita con sugo di agnello o ragù o accompagnata da legumi.
Da ricordare, per la speciale lavorazione, gli gnocchi (cicalucculi), le tagliatelle (lagane) e i ravioli, per i quali si utilizza una speciale ricotta prodotta in luogo.
Gli gnocchi sono rigorosamente preparati a mano con farina di grano e conditi con ragù e formaggio pecorino.
Fonte: Club I borghi più belli d'Italia,10 Agosto 2010