Borgo | Per i Romani era Septimum de Liquentia perché distante sette miglia da Oderzo (Opitergium) e situato in un'ansa del fiume Livenza.
Continuò a chiamarsi Settimo per molto tempo, finché intorno al Mille cominciò a comparire Portus Buvoledi o Bufoledi, che deriva non tanto da bufalo, come comunemente si pensa, quanto piuttosto dal latino medievale bova che significa canale; secondo alcuni l'origine va cercata nelle bufaline, barche usate per il trasporto delle merci via fiume.
La Storia
• I sec. d.C., lo scrittore latino Tito Livio informa dell'esistenza di un portus Liquentiae; il modesto insediamento di pescatori e agricoltori sul fiume Livenza è conosciuto dai Romani come Septimum de Liquentia.
• 905, un documento che parla di castrum in portum fa supporre l'esistenza di un sistema difensivo già consolidato.
• 997, il primo documento storico che attesta l'esistenza del castello (castro et portu in loco Septimo) è un contratto d'affitto con il quale il conte vescovo di Ceneda concede al doge di Venezia l'utilizzo del porto di Settimo.
• 1166, Portobuffolè passa sotto la dominazione di Treviso, per ritornare al vescovo di Ceneda nel 1242.
• 1300 ca., si stabilisce a Portobuffolè Gaia da Camino, immortalata da Dante nel XVI canto del Purgatorio come il padre Gherardo, signore di Treviso. Gaia è sposa di Tolberto da Camino, già conte di Ceneda, che diventa signore di Portobuffolè nel 1307. Morta Gaia nel 1311, la seconda moglie di Tolberto, sentendosi minacciata da alcuni esponenti dei Da Camino, fugge a Venezia e chiede protezione al doge Dandolo. Rientra nel castello solo nel 1336 e nel 1339 Portobuffolè passa alla Repubblica Veneta.
• 1499, i Turchi mettono a ferro e fuoco il territorio.
• 1524, arriva la peste e miete molte vittime.
• 1628, nella giurisdizione di Portobuffolè muoiono di fame 244 persone. Nel 1631 un'altra pestilenza colpisce la zona.
• 1797, dissolta la Serenissima, anche Portobuffolè diventa dominio francese, allargando la sua giurisdizione sui luoghi limitrofi. La decadenza comincia nel 1815 con il passaggio del Veneto all'Austria.
• 1866, il 15 luglio entra nella cittadina il primo drappello di soldati italiani.
• 1918, Porta Trevisana è abbattuta dalle truppe austroungariche durante la ritirata.
• 1965-66, due alluvioni sommergono il paese rovinando ogni cosa e lasciandovi un mare di fango e detriti.
L'onnipresente Leone di San Marco e gli affreschi di Casa Gaia
Si entra in Portobuffolè dal ponte che immetteva alla Porta Trevisana, distrutta nel 1918. Subito si arriva in una piazzetta con acciottolato circondata da bei palazzi, Piazza Beccaro.
Cà Soler ha un'importante facciata rivolta un tempo verso il canale, ora interrato.
Su un'altra costruzione vi sono resti di affreschi attribuiti al Pordenone. Dalla piazza si arriva in breve a Casa Gaia, una splendida dimora del Trecento in cui visse fino alla morte, avvenuta nel 1311, la celebre e discussa Gaia da Camino. Fu lei a trasformare quella che era una casa torre in una piccola reggia. La facciata è ingentilita da bifore arricchite di colonnine sottili ed eleganti con capitelli a fior di loto. Gli affreschi conservati al primo piano raccontano un'atmosfera cortese che, tra una guerra e l'altra, regalava un po' di serenità alla piccola corte affacciata sul placido Livenza. I canti dei trovatori e dei menestrelli, apprezzati da Gaia che si dilettava di poesia provenzale, sembrano risuonare in queste stanze dipinte. Dai muri interni di Casa Gaia occhieggiano i rappresentanti della cultura, un principino accompagnato dal servo, curvo sotto il peso di un librone, sei giovani guerrieri rivestiti di un'armatura finemente ricamata. Si nota anche un castello, forse proprio quello di Portobuffolè, e c'è chi sostiene che i due personaggi appena abbozzati siano i padroni di casa, Tolberto e Gaia. Al secondo piano appaiono città fortificate, ponti levatoi, torri e palazzi, paggi in amabile conversazione: quanto basta a rinvigorire il nostro immaginario medievale.
La Torre Comunale del X sec. è l'ultima che resta delle sette antiche torri del castello. è alta 28 m. e costruita in laterizio. Sull'orologio si trovava il buco dal quale i condannati erano calati nella sottostante prigione. La casa ai piedi della torre era un tempo il Palazzo del Governo e reca ancora la scritta, tra due finestrini ovali: "fatta dalle fondamenta il 9 marzo 1187". Sopra la porta del Monte di Pietà, fondato nel '500 dai Veneziani, vi è un raro esempio di "leon in moeca", quello dall'aspetto terrificante che veniva rappresentato in tempo di guerra.
Il Leone di San Marco domina anche in Piazza Maggiore: qui vi erano gli uffici pubblici e risiedevano le famiglie più importanti.
La Casa Comunale ha un'ampia loggia ed eleganti finestre a sesto ovale. L'ampio salone, detto "Fontego", era usato come deposito di cereali e sale che venivano smistati in varie parti del Veneto. Reca in facciata iscrizioni e stemmi cinquecenteschi dei podestà. Prima di diventare chiesa cristiana, il Duomo era una sinagoga ebraica. Consacrato nel 1559 e restaurato più volte all'interno e all'esterno, contiene un crocefisso ligneo del '400 di scuola tedesca, un pregiato altare ligneo in radica rossa opera di un artista locale (1983) e uno splendido organo della casa Callido di Venezia con 472 canne di zinco e stagno, costato nel 1780 la bella cifra di oltre 4000 lire oro venete. Nei lavori di restauro dell'ex casa dell'Arcisinagogo, accanto al Duomo, è apparsa una pietra con il candelabro ebraico a sette braccia e alcune lettere dell'alfabeto.
Dalla piazza si arriva al "Toresin" e a Porta Friuli, dove campeggia, sopra l'arco esterno, un Leone di San Marco che inneggia ai "diritti e doveri dell'uomo e del cittadino", segno evidente del passaggio della Rivoluzione Francese.
Il Ponte Friuli, costruito nel 1780 in pietra cotta, in sostituzione del ponte levatoio in legno, è a due grandi arcate e fiancheggiato da sei eleganti poggioli. Qui sotto scorreva il Livenza.
Fuori del borgo, sono da vedere la Chiesa di San Rocco con la Madonna della Seggiola, una scultura lignea del 1524; Palazzo Giustinian, costruito nel 1695 dalla nobile famiglia veneta Cellini e poi passato ai Giustinian; l'Oratorio di Santa Teresa, edificato dai Cellini, ricco di stucchi e affreschi; la Chiesa dei Servi, consacrata nel 1505.Il prodotto del borgo
I vini rossi dell'Alto Livenza, il miele, le zucche.
Il piatto del borgo
Gnocchetti al sugo d'anatra, rognone di vitello, risotto al piccione, baccalà, trippa e un piatto di antico sapore contadino come la zuppa matta, a base di zucca, pane, latte e funghi.
Fonte: Club I borghi più belli d'Italia,13 Agosto 2010