Borgo | È legato al patrono, Lucio Ginesio, martire romano, che fu attore, musico e mimo. Visse sotto l'imperatore Diocleziano (284-305) che lo fece decapitare, nonostante gli fosse molto caro, perché, dopo aver a lungo dileggiato i cristiani durante i suoi spettacoli, improvvisamente si convertì alla nuova fede. Le sue spoglie sono custodite nella Chiesa Collegiata.
La Storia
• 1098, è documentata l'esistenza di una grande chiesa funzionale alle esigenze religiose di una comunità in piena espansione demografica, conseguente al fenomeno dell'incastellamento.• 1212, un documento parla dell'istituzione di un corpo di canonici (capitolo) della Collegiata, segno di agiatezza e vitalità dell'amministrazione. Il castello diviene un libero comune spesso tormentato da lotte intestine o con i comuni vicini. Intorno al 1250 San Ginesio raggiunge, secondo gli storici, i 27 mila abitanti. Dalla metà del '200 al 1434 il comune è sotto l'influenza dei signori Da Varano.
• 1308, inizia la ricostruzione della cinta muraria, intervallata da otto porte (oggi ne restano quattro), per far fronte ai continui dissapori, sfociati anche in battaglie, con Fermo.
• 1450, una fazione di cittadini favorevole al ritorno del regime dei Da Varano manda in esilio 300 ginesini, i quali si rifugiano a Siena e vi tengono un comportamento così esemplare da indurre i senesi a perorare la loro causa presso le magistrature comunali, che acconsentono al loro rientro in patria.
• 1458, Papa Pio II approva il nuovo ordinamento municipale redatto sul modello senese.
• 1828, gli abitanti di San Ginesio si tassano per sostenere le spese per la richiesta al Papa della promozione a città, ma senza successo.
Nascosta nel portale della Collegiata c'è la mano di Dio che regge il mondo
Sorge nella piazza principale il gioiello di San Ginesio. è la chiesa Collegiata, che si presenta con la facciata suddivisa in due parti, di cui l'inferiore è più antica e comprende il magnifico portale (sec. XI) in travertino, con archi concentrici a tutto sesto che continuano lo stesso ritmo architettonico delle colonnine e dei pilastrini.
Incastonata in una formella nell'angolo destro del portale vi è la rozza figura del santo istrione, forse longobarda. Fra i capitelli delle colonnine del portale fanno capolino a destra, il volto di Ginesio e a sinistra la mano dell'Eterno che sorregge la Sphaera Mundi, il globo della terra.
La parte superiore della facciata è un vero ricamo in cotto: suddivisa in cinque prospetti di uguale larghezza ma di differente altezza, fu costruita da un maestro tedesco nel 1421, durante le ultime fioriture del gotico che s'innesta sulla tradizione romanica. Accanto alla facciata è la torre civica romanica con cuspide a bulbo ricostruita nel XVII sec.
Nel silenzio delle sue navate la maestosa chiesa ha accolto testimonianze di ogni epoca e stile. Il Crocefisso ligneo è quello portato dai 300 esuli nel 1450 durante il loro ritorno a San Ginesio.
Dalla scuola del Perugino viene una Madonna con Bambino e Santo Patrono, mentre le cappelle che si aprono sulla navata destra custodiscono opere di Federico Zuccari, del Pomarancio, di Simone de Magistris e altri valenti pittori.
Nella cripta, si ammirano gli affreschi di Lorenzo Salimbeni del 1406.
Quasi contemporanea alla Collegiata è un'altra splendida chiesa romanico-gotica, edificata nel 1050 e dedicata a S. Francesco: l'armonioso portale e l'abside sono le testimonianze più antiche, mentre l'interno a sala, in stile neoclassico, ospita opere pregevoli tra cui un'intensa Crocifissione di scuola riminese-marchigiana.A pochi passi si trova un'altra antichissima chiesa (996), quella di S. Michele, dal bel portale gotico e con un'edicola interna affrescata da Stefano Folchetti, pittore locale di echi crivelliani.
Del periodo gotico restano inoltre le mura castellane e i portici superstiti dell'Ospedale dei pellegrini (XIII sec.), così detto perché vi ricevevano assistenza e ospitalità i pellegrini che transitavano per San Ginesio diretti a Loreto o a Roma, quasi sempre a piedi.
Restaurato nel 1456-57 con l'aggiunta della loggia, l'edificio preserva il fronte in stile romanico. Da vedere infine: diversi bei palazzi, le quattro porte superstiti, le chiese di S. Gregorio, di S. Maria in Vepretis e dei SS. Tommaso e Barnaba. Ma è tutta l'atmosfera del borgo, avvolto in panorami luminosi, a incantare e stupire.
Lo chiamano "il balcone dei Sibillini", per le belle vedute panoramiche, il verde d'intorno, i tesori all'interno.
Il prodotto del borgo
Dalla farina di granturco viene il polentone che si mangia alternato a sugo di carne (maiale, vitello o pollo) o in bianco (con salsiccia, costate di maiale e funghi) con aggiunta di formaggio pecorino.
Il piatto del borgo
La ricetta dei prelibati vincisgrassi è legata al nome di Windischgratz, principe austriaco per il quale questo piatto venne preparato per la prima volta.
Ciò che rende unici i vincisgrassi, da molti impropriamente associati alle lasagne emiliane, è la scelta delle carni usate per il ragù, che viene amalgamato alla besciamella per condire gli strati di pasta.
Fuente: Club I borghi più belli d'Italia, 14 de Julio de 2011