Borgo | Il nome nasce come variante di "Diruta", cioè "rovinata", in riferimento alla fuga dei perugini dalla loro città, incendiata da Ottaviano nel 40 a.C. durante la guerra civile che lo vide opporsi a Lucio Antonio. Gli abitanti della città distrutta, "diruta", si stabilirono sul colle dell’odierna Deruta, che prese il nome di “Perugia vecchia”.
La Storia
40 a.C., il saccheggio di Perugia al tempo delle guerre civili provoca la fuga dei cittadini dalla città diruta, “distrutta”, sul colle dove sorgerà il nuovo abitato.
1040, compare per la prima volta nei documenti dell’abbazia di Farfa il nome Diruta.
1221, i documenti attestano che Deruta, pur dominata da Perugia, ha la facoltà di nominare un podestà, e gode quindi di una certa autonomia.
1299, compare la prima testimonianza scritta sulle ceramiche di Deruta.
1312, contro le milizie imperiali di Arrigo VII, Perugia dispone un rafforzamento delle difese di Deruta.
1370, l’esercito della Chiesa, per riportare sotto la propria egemonia le città ribelli dell’Umbria, tra cui Perugia, ne invade i possedimenti devastando anche Deruta.
1451, sono restaurate le mura cittadine; nel 1465 viene emanato il nuovo Statuto comunale in volgare.
1540, durante la “guerra del sale”, Deruta sostiene lo Stato pontificio che, sedata la rivolta dei perugini, garantisce al borgo un periodo di relativa pace, nel corso del quale la produzione di maioliche raggiunge il massimo sviluppo.
1814, viene restaurato il governo pontificio dopo le brevi parentesi napoleoniche (1798-1800 e 1809-14).
1860, con l’Unità d’Italia termina il lungo periodo di sottomissione allo Stato della Chiesa.
Maioliche e Madonne
Andiamo subito al cuore del borgo, per evitare l’impressione che l’ampia zona abitativa e industriale sorta negli ultimi decenni parallelamente alla strada statale E 45 ne abbia offuscato l’identità originaria. L’Umbria nei sogni di molti rimane una costellazione di antichi borghi in un mare di verde. D’altronde, il territorio di Deruta è segnato dai depositi argillosi che hanno consentito ai suoi abitanti di procacciarsi la materia prima con cui realizzare le ceramiche, e il ritorno a questa attività, dopo secoli di declino, si paga con qualche scalfitura all’estetica.
Tutto nel borgo parla di vasai e dell’arte della ceramica, a partire dal museo della ceramica. Ma procediamo con ordine. Si entra nel centro storico dalla porta di San Michele Arcangelo, ai cui lati si notano resti delle mura di cinta. Poco più avanti sono visibili le strutture di alcune fornaci del Cinquecento. La fontana a pianta poligonale del 1848 ci accoglie in piazza dei Consoli, che ha forma allungata e ospita i principali edifici pubblici e religiosi. L’odierno palazzo municipale, al cui interno si trova anche la pinacoteca comunale, è l’antico Palazzo dei Consoli, sobria architettura trecentesca rammodernata nel XVIII secolo lasciando inalterate le bifore ogivali che, con il portale, abbelliscono la facciata. Nell’atrio, reperti archeologici romani e medievali. La torre trecentesca ha bifore in stile romanico. Sulla stessa piazza si affaccia il complesso francescano, ossia il convento, fondato nel 1008 dai Benedettini (vi morì nel 1264 Papa Urbano IV) e la chiesa di San Francesco, in stile gotico, restaurata e consacrata nel 1388 dopo un terremoto che l’aveva quasi distrutta. Molto bella la facciata della chiesa in pietra arenaria con il portale ogivale e l’elegante rosone in pietra bianca e dorata. All’interno sono conservate tracce di affreschi realizzati tra XIV e XVI secolo. Notevoli l’affresco raffigurante la Vergine e i Santi Francesco e Bernardino, attribuito a Domenico Alfani (1520) e quello di fine Trecento vicino all’altare maggiore, che ha sempre per soggetto la Madonna tra i Santi. Il campanile trecentesco è a bifore ogivali. Nel convento è collocato il Museo regionale della ceramica.
Spostiamoci ora in piazza Benincasa per visitare la chiesa di Sant’Antonio Abate, da poco tornata al suo splendore. Il primo restauro risale al 1493, l’interno accoglie affreschi umbri di Bartolomeo Caporali (Madonna della misericordia, 1480) e del più tardo Giovan Battista Caporali (Episodi della vita di Sant’Antonio Abate). Ben inserita nell’ambiente urbano è anche la chiesa della Madonna delle Piagge (1601) che reca in facciata un pannello in maiolica di Amerigo Lunghi (1929).
Opera tutta particolare, appena fuori il paese, è il santuario della Madonna dei Bagni, costruito a pianta centrale subito dopo l’evento miracoloso del 1657, originato dal ritrovamento di un’immagine della Madonna su un frammento di ceramica, tuttora custodito nell’altare maggiore. La forza della fede si esprime qui in oltre 600 mattonelle votive, realizzate dai ceramisti di Deruta su commissione dei fedeli che hanno ricevuto la grazia. Gli ex voto in maiolica (esempio quasi unico) illustrano disgrazie, malattie, incidenti risoltisi felicemente per l’intervento della Madonna.
Il prodotto del borgo
Oltre alle ceramiche, che si possono acquistare direttamente nelle botteghe artigiane, occorre ricordare l’olio extravergine d’oliva di Castelleone, apprezzato dai palati più raffinati come, in passato, quello di Gabriele D’Annunzio.
Il piatto del borgo
Tagliatelle con le interiora d’oca, porchetta al finocchio, umbricelli al coccio: questi ultimi si mangiano nella festa di giugno della frazione Ripabianca. Le sagre nelle frazioni sono l’occasione per apprezzare piatti locali quali i “birbanti”, a Sant’Angelo di Celle, e il “cannibale”, particolare tipo di carne che si cucina a Castelleone.
Fuente: Club I borghi più belli d'Italia 14 de Julio de 2011